C’è stato un periodo – successivo all’avvento del fascismo – in cui la questione dialetto/italiano ha assunto grande centralità nel dibattito culturale e politico.
Per dirla con il pensiero di Pasolini:
si è tentato di eliminare la letteratura dialettale
perché collegata legata al mondo contadino e operaio
dal quale si cercava di fuggire e che si voleva in qualche modo rinnegare. L’abbandono della ruralità e della campagna e lo spostamento in massa verso le città coincidono con questa negazione.
Oggi vi è invece una nuova volontà di recuperarne le origini, intento che qui vogliamo portare avanti parlando del caso Calabrese.
Esso è molto importante perché la Regione presenta una varietà notevole di dialetti ancor oggi utilizzati. Siamo di fronte ad un’evidente diversità linguistica nell'ambito della stessa regione.
PERIODO PRE DOMINAZIONE ROMANA
Sebbene il latino fosse la lingua ufficiale delle autorità e si stesse diffondendo nelle classi più abbienti della popolazione, la maggior parte degli abitanti parlava ancora il greco. Più in generale, l’Italia meridionale era rimasta infatti un paese di pastori e contadini dopo la decadenza delle città coloniali, conducendo nei loro piccoli abitati una vita molto primitiva. Di conseguenza il greco si ridusse progressivamente ad essere una lingua della massa popolare. Inoltre, la situazione di bilinguismo greco-latino nella Calabria romana ha consentito uno scambio lessicale e sintattico tra le due lingue di notevoli proporzioni.
Approfondiamone i processi linguistici
INFLUENZA GRECA
Quella greca rappresenta, in assoluto, la principale influenza esterna sull'idioma locale, dato che, a differenza di qualsiasi altra influenza esteriore quella della lingua greca, non ha solamente intaccato il lessico, ma è bensì penetrata anche nell’uso quotidiano dei parlanti calabresi, prima attraverso il greco antico e, successivamente tramite il greco bizantino, i quali sono coesistiti per lungo tempo in piena contrapposizione con la lingua latina.
Inoltre, l'idioma greco, è rappresentato dalla lingua parlata in diversi comuni della parte più meridionale della Calabria, in particolar modo nella provincia di Reggio Calabria, ancora oggi soprannominata “area grecanica”.
COME AVVENNE QUESTA CONSERVAZIONE LESSICALE?
In seguito alle guerre continue e all’avvento dei Romani, lungo la costa jonica si verificarono frane, inondazioni e la piaga della malaria, con la conseguente concentrazione delle abitazioni all’interno e decadenza delle città magnogreche. In tal modo il centro di gravità dell’elemento etnico greco andò spostandosi dalla costa verso l'entroterra. Soltanto nel '900 - in seguito all’incremento delle bonifiche dei terreni - la popolazione è ritornata ad abitare è verso la costa per crearvi nuovi comuni (tra i più popolosi Gerace Marina – Locri - , Siderno Marina, Marina di Gioiosa Jonica).
Questi eventi naturali e la conseguente emigrazione verso le montagne hanno contribuito ad un’ulteriore grecizzazione delle zone interne, rimaste totalmente isolate.
Secondo gli esperti intorno al 1750 il territorio di lingua greca era talmente ampio che si estendeva da Capo Spartivento fin quasi alle porte di Reggio. All’inizio del XX secolo la lingua greca sopravviveva soltanto in alcuni paesi dell’Aspromonte intorno a Bova (quelli appunto dell'area grecanica) dove oggi va via via scomparendo.
LA FIGURA DI ROHLFS
La persistenza del grecanico nella Calabria meridionale e la sua tarda "latinizzazione" ha avuto in Gerhard Rohlfs il più convinto sostenitore. Lo studioso tedesco si è occupato di dialettologia fino al 1923 compiendo una ricerca sul territorio che confermasse la sua tesi sull'esistenza di due Calabrie linguistiche e culturali: la Calabria Citeriore a nord della regione (latina) e Calabria Ulteriore a sud (greca).
Rohlfs durante la sua permanenza sul territorio si accorse che
“La Calabria non costituisce né un’unità
etnografica né un’unità linguistica”
LA VARIETA' DATA DALLE DOMINAZIONI
Con la caduta dell’Impero Romano nella Regione s’insediarono i Bizantini, i quali, dopo la fine del VII secolo dovettero cedere parte della Calabria settentrionale ai Longobardi. Si susseguirono scontri continui tra Bizantini, Longobardi, Arabi e Saraceni. Nel 1050 giunsero in Calabria i Normanni che in dieci anni si espansero e conquistarono tutta la regione. Il dominio passò successivamente sotto la dinastia angioina (di origine francese) e i nobili di questo periodo si dotarono di palazzi e castelli.
Alla fine del XV secolo, non sopportando la dominazione ottomana, vi fu in Calabria la prima migrazione degli Albanesi. Questo evento contribuì alla nascita della minoranza linguistica arberesche tutt’ora presente nella provincia di Crotone.
La Calabria fu dominio spagnolo nel XVI e nel XVII secolo fino al 1715, quando le coste calabresi furono interessate dalla controffensiva turca. Per un breve periodo tutto il Regno di Napoli passò sotto gli Asburgo, ma dal 1734 divenne Regno dei Borbone di Napoli prendendo il nome di “Regno delle due Sicilie”. Durante il dominio dei Borbone la Calabria registrò una ripresa sia economica che culturale. La situazione fu nuovamente stravolta nei primi anno dell’800 quando il Regno passò alla dominazione francese sotto Giuseppe Bonaparte. Avvennero diversi atti di malcontento da parte della popolazione costretta a subire grandi brutalità. Il malcontento scoppiò in una rivolta dell’intera regione che non accennò a placarsi per tutto il decennio francese che si concluse nel 1815. Con il Congresso di Vienna, nel 1815, sul Regno del Sud ritornavano i Borbone, che vi rimasero fino all’unità d’Italia.
Il percorso storico tracciato in questo articolo ha l’obiettivo di dare risposta alla varietà dialettale della Regione Calabria e dare valore ad una peculiarità del territorio, quella appunto linguistica, da cui noi stessi dipendiamo culturalmente.
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